La speranza cristiana

L’uomo vive oppresso dai pensieri e da ogni sorta d’inquietudine. Lo stato d’animo varia a secondo della situazione politica, economica, morale e ormai si è persa la fiducia in se stessi e negli altri: “i nostri giorni sono sopra la terra come un’ombra e non vi è speranza alcuna” (1 Cronache 29:15). La politica non attira più perché ci si sente ingannati, l’amore libero, la droga, non hanno portato la soddisfazione sperata. L’uomo può rimettere la propria speranza nei beni della vita, in un futuro migliore, negli altri, ma, le attese il più delle volte sono deluse. Tutti i piaceri stancano ed annoiano, ci vogliono continue novità, ma “Colui che berrà di quest’acqua, avrà ancora sete” (Giovanni 4:13).
C’è una domanda nel libro di Giobbe: “Quale speranza rimane all’empio?” La risposta è: “La speranza dell’empio perirà” (Giobbe 8:13). L’uomo cerca continuamente di aggrapparsi ad “una nuova speranza”. Ma egli non ha bisogno di “una nuova speranza”, ha bisogno della vera speranza!
La Parola ci invita a sperare in Dio: “Benedetto sia l’uomo che si confida col Signore e la cui confidanza è il Signore” (Ger.17:7); “Tutti coloro che sperano in Dio non restano confusi” (Sal.25:3). Che differenza tra lo sperare in se stessi, nell’uomo, nella vita e sperare in Dio. Dio risponde all’esigenza di speranza.

1. Una speranza fondata su Dio Romani 15:13
“Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nel credere, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo”.
La nostra speranza è in Dio, “Colui che è, che era e che viene…” (Apocalisse 1:8), e nel Suo figlio Gesù Cristo mandato sulla terra per essere il Salvatore del mondo: “E noi abbiamo veduto e testimoniamo che il Padre ha mandato il Figlio per essere il Salvatore del mondo” (1 Giovanni 4:14).
Certi della venuta di Gesù e dell’opera che Egli ha compiuta per noi, in Lui fondiamo la nostra speranza in Dio: “per mezzo di Lui credete in Dio che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria affinché la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio” (1 Pietro 1:21; Colossesi 1:27).
La nostra speranza è orientata verso il futuro: come credenti le cose migliori sono davanti: “… gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede, non è speranza; difatti, quello che uno vede, perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, l’aspettiamo con pazienza” (Romani 8:23-25). Speriamo nella risurrezione: “Or Paolo, sapendo che una parte dell’assemblea era composta di sadducei e l’altra di farisei, esclamò nel Sinedrio: “Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; ed è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti, che sono chiamato in giudizio” (Atti 23:6), nella giustizia: “Poiché quanto a noi, è in spirito, per fede, che aspettiamo la speranza della giustizia” (Galati 5:5), nella salvezza eterna: “Ma noi, che siamo del giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell’amore e preso per elmo la speranza della salvezza” (1 Tessalonicesi 5:8), nella gloria: “e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio” (Romani 5:2b); “aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù” (Tito 2:13), nella vita eterna: “nella speranza della vita eterna promessa prima di tutti i secoli da Dio, che non può mentire” (Tito 1:2); “affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna” (Tito 3:7).
Tutta la vita e le cose terrene assumono il loro effettivo, futile valore quando consideriamo quello che ci aspetta!
Siamo veramente felici di aver “riposto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il Salvatore di tutti gli uomini, soprattutto dei credenti” (1 Timoteo 4:10).

2. Una speranza viva 1 Pietro 1:3-9
“Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata in cielo per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi. Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben più preziosa dell’oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù Cristo. Benché non l’abbiate visto, voi lo amate; credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della fede: la salvezza delle anime”

a. Per l’oggetto della nostra speranza (vv.3-5)
La speranza garantitaci dalla risurrezione di Gesù include non solo la nostra risurrezione, ma anche un’eredità, una proprietà.
Nell’A.T. la parola eredità è usata per identificare i due aspetti della promessa. Dio aveva promesso al Suo popolo una terra, cioè Canaan: “Così, non vi sarà nessun povero in mezzo a voi, poiché il Signore senza dubbio ti benedirà nel paese che il Signore, il tuo Dio, ti dà in eredità, perché tu lo possegga” (Deut.15:4). Questa eredità era materiale, corruttibile, macchiata e guastata dalle abomina­zioni idolatriche dei Cananei: “Poiché tutte queste cose abominevoli le ha commesse la gente che vi era prima di voi, e il paese ne è stato contaminato” (Levitico 18:27). Abramo fu contento di restare in Canaan, soltanto perché aveva avuto la visione di una terra migliore, di una Canaan celeste: la nuova Gerusalemme, “Tutti costoro sono morti nella fede, senza ricevere le cose promesse, ma le hanno vedute e salutate da lontano, confessando di essere forestieri e pellegrini sulla terra. Infatti, chi dice così dimostra di cercare una patria; e se avessero avuto a cuore quella da cui erano usciti, certo avrebbero avuto tempo di ritornarvi! Ma ora ne desiderano una migliore, cioè quella celeste; perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio, poiché ha preparato loro una città” (Eb.11:13-16). Ma Dio stesso era l’e­redità, il possedimento, la ricompensa “Dopo queste cose, la parola dell’Eterno fu rivolta in visione ad Abramo, dicendo: “Non temere, o Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima” (Genesi 15:1); “L’Eterno è la parte della mia eredità” (Salmo 16:5; 73:25, 26; 119:57; Lamentazioni 3:24).
Anche il Nuovo Testamento rivela questo duplice aspetto della nostra eredità. La nostra speranza, oltre alla nostra dimora eterna in cielo, trova il suo centro in Cristo. In Lui noi vediamo il premio della superna vocazione di Dio “dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno dinanzi, proseguo il corso verso la mèta per ottenere il premio della superna vocazione di Dio in Cristo Gesù” (Filippesi 3:14). Cristo è la nostra speranza, la nostra eredità, la nostra ricompensa; quando Egli verrà saremo trasformati nella Sua somiglianza, condivideremo la Sua gloria ed il Suo trono.

b. Perché è una speranza certa
La forma dei verbi usati: “Essa è conservata in cielo per voi” (v.4), “per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi” (v.5), indica che l’eredità dei credenti è:
- pienamente preparata e pronta nei cieli. Essa li attende!
- è custodita per loro dal Signore stesso. Nulla può guastarla, nulla può diminuirla o farla svanire. Inoltre, siccome è nei cieli, nulla di ciò che accade sulla terra può “toccarla”.

Alcuni dei primi cristiani furono dati in pasto ai leoni, altri furono bruciati vivi, ma niente poté derubarli della loro eterna ricompensa, niente poté intac­care il loro tesoro: “Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6:19-21); “Cristo, nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti” (Colossesi 2:3); “sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l’eredità” (3:24). Abbiamo una salvezza eterna che stà per essere manifestata “negli ultimi tempi”, cioè quando Dio manderà nuovamente Gesù sulla terra: “Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati e affinché vengano dalla presenza del Signore dei tempi di ristoro e che egli mandi il Cristo che vi è stato predestinato, cioè Gesù” (Atti 3:19,20). In questo frattempo Dio guarda e protegge i Suoi figli.

3. Una speranza che ci tiene fermi Colossesi 1:22,23
“Dio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui, per mezzo della sua morte, per farvi comparire davanti a sé santi, senza difetto e irreprensibili, se appunto perseverate nella fede, fondati e saldi e senza lasciarvi smuovere dalla speranza dell’evangelo che avete ascoltato, il quale è stato predicato a ogni creatura sotto il cielo e di cui io, Paolo, sono diventato servitore”.
L’opera dello Spirito Santo nella vita del credente inizia dalla nascita spirituale e continua fino alla maturità. Il suo compito è di formare dei credenti forti, robusti e fermi nella fede, nell’amore e nella speranza, credenti che, quando le tempeste si abbattono su di loro, non crollano, anzi restano saldi e immobili: “Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d’amore e di autocontrollo” (2 Timoteo 1:7); “Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate star saldi contro le insidie del diavolo” (Efesini 6:11); “Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore” (1 Corinzi 15:58).
L’apostolo Paolo si preoccupava della mancanza di fermezza e di stabilità dei fedeli della chiesa di Colosse. Egli era venuto a conoscenza di alcune dottrine false, di filosofie orientali e pagane che, assieme al legalismo giudaico, stavano per entrare nella Chiesa. Questi falsi dottori, mentre accettavano la fede cristiana, toglievano a Cristo la preminenza e la Sua deità. Così facendo, Cristo e i Suoi insegnamenti erano ritenuti solo come una parte del vigente sistema religioso. Togliendo a Cristo la Sua supremazia, questi falsi maestri distruggevano l’essenza del messaggio dell’evangelo che è Cristo, la Parola fatta carne, Dio con noi e in noi, speranza di gloria. Paolo afferma: “… affinché Cristo abbia il primato su ogni cosa” (Colossesi 1:18).
Il messaggio del Vangelo non è basato su filosofie e teorie umane o su un sistema religioso, ma è fondato interamente sulla persona del nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, benedetto in eterno!
L’Evangelo è la buona notizia per l’umanità senza speranza. La speranza che dà l’Evangelo è come un’àncora sicura: “Questa speranza la teniamo come un’àncora dell’anima, sicura e ferma, che penetra oltre la cortina” (Ebrei 6:19).
La speranza dell’Evangelo è vivente nella vita del credente; neanche quando affronta i problemi della vita sarà smosso da quella speranza. Le sofferenze stesse lo portano ad approfondire la sua fede in Dio. “Le sofferenze del tempo presente non sono affatto da eguagliarsi alla gloria che sarà manifestata in noi” (Romani 8:18). La speranza della gloria ci dà la forza per affrontare le prove.
I falsi maestri di allora e quelli di oggi cercano di smuovere il credente dalla speranza dell’Evangelo, negando a Cristo al Sua sovranità e facendo di Lui uno dei tanti gradini per arrivare alla cima. Ma Cristo è la vetta più alta. Egli ha un nome sopra ogni altro nome. Egli è il Re dei re e il Signore dei signori. “In Lui abita corporalmente tutta la pienezza della deità” (Colossesi 2:9).
Noi che abbiamo sperato e che speriamo in Cristo, dobbiamo stare attenti di “non essere smossi dalla speranza dell’Evangelo”. Viviamo in giorni in cui molti vogliono le benedizioni dell’Evangelo ma non sono disposti ad attenersi agl’insegnamenti dell’Evangelo: “Mi meraviglio che da Colui che vi ha chiamati … passiate ad un altro Evangelo … ma vi sono alcuni che vi turbano e vogliono pervertire l’Evangelo di Cristo” (Galati 1:6-7); “Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù” (Galati 5:1); “Ma il Signore è fedele ed egli vi renderà saldi e vi guarderà dal maligno” (2 Tessalonicesi 3:3).

4. Una speranza che conforta Romani 8:18-25
“Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo. Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché siamo stati salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede, non è speranza; difatti, quello che uno vede, perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, l’aspettiamo con pazienza”
Le benedizioni e privilegi che Dio impartisce a coloro che Egli fa oggetto della Sua grazia in Cristo sono veramente stupefacenti. Egli li sottrae alle conseguenze e dominio del peccato e adottandoli come Suoi figli, li rende contitolari di una gloriosa eredità.
Per il momento, però, devono continuare a vivere in questo mondo. La tensione fra vecchio ed il nuovo nella loro stessa vita li impegna spesso duramente: “tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, che talora, dopo aver predicato agli altri, io stesso non sia riprovato” (1 Corinzi 9:27).
Come se questo non bastasse, difficoltà e sofferenze provengono loro pure dall’ambiente in cui vivono. Esso “non sopporta”, infatti, che i figli di Dio siano e si comportino in modo diverso ed anticonformista rispetto all’andazzo di questo mondo: “E voi pure ha vivificati, voi ch’eravate morti ne’ vostri falli e ne’ vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l’andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potestà dell’aria, di quello spirito che opera al presente negli uomini ribelli; nel numero dei quali noi tutti pure, immersi nelle nostre concupiscenze carnali, siamo vissuti altra volta ubbidendo alle voglie della carne e dei pensieri, ed eravamo per natura figliuoli d’ira, come gli altri” (Efesini 2:1-3); “Per la qual cosa trovano strano che voi non corriate con loro agli stessi eccessi di dissolutezza, e dicon male di voi” (1 Pietro 4:4). È per questo che sofferenza, emarginazione e persecuzione di vario tipo sono, per i cristiani impegnati, all’ordine del giorno. Gesù ne parlava apertamente: “Ricordatevi della parola che vi ho detta: ‘Il servo non è più grande del suo signore’. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Giovanni 15:20). È “la croce” che essi devono portare: “E chi non porta la sua croce e non vien dietro a me, non può esser mio discepolo” (Luca 14:27). Ne vale la pena? Certo! “Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo” (v.18). L’atleta che vuole conseguire il premio sopporta ogni sacrificio pur di conseguirlo e la gioia di quel giorno sostiene la sua fatica nell’addestrarsi.
Il peccato sporca, guasta, rovina e distrugge ogni cosa! Esso rende “vana” la vita stessa (v.20). Chi osa prendere il peccato alla leggera e addirittura lo nega è un ignobile irresponsabile. Ancora la voce del sangue di Abele grida vendetta a Dio dalla terra: “E l’Eterno disse: ‘Che hai tu fatto? la voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. E ora tu sarai maledetto, condannato ad errar lungi dalla terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue del tuo fratello dalla tua mano” (Genesi 4:10). La creazione stessa anela con tutta sé stessa d’essere liberata “dalla schiavitù della corruzione” (21). Si tratta dunque, sia per noi che per la natura, non di una sofferenza disperata, ma piena di speranza. Sono come le sofferenze sopportate da una partoriente che sa che esse ben presto avranno fine e nascerà una nuova creatura! Noi aspettiamo con pazienza che la nostra adozione e redenzione giunga a compimento, in attesa del giorno in cui: “Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate” (Apocalisse 21:4), passate per sempre.

5. Una speranza attiva 1 Giovanni 3:3
“E chiunque ha questa speranza in Lui, purifichi sé stesso come Egli è puro”.
Diventare membri della famiglia di Dio comporta benefici straordinari, indescrivibili. Uno di questi benefici è l’essere fatti “simili a Lui”, cioè simili a Gesù: “Diletti, ora siam figliuoli di Dio, e non è ancora reso manifesto quel che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a Lui, perché lo vedremo com’egli è” (1 Giovanni 3:2). Ora la sua statura morale e spirituale ci viene virtualmente attribuita per essere anche noi “santi ed irreprensibili” davanti a Dio (Efesini 1:4), ma un giorno, anche fisicamente, dopo che avremo abbandonato questo corpo corrotto dal peccato, ci è promesso che rivestiremo un corpo nuovo, incorruttibile (1 Corinzi 15:42-44), come quello che Gesù ha ricevuto dopo la resurrezione dai morti.
Quando diventeremo noi di fatto così come ci viene promesso? Lo diventeremo “quando Egli sarà manifestato” (2a), cioè quando Cristo tornerà per portarci via con sé. Allora saremo trasformati alla Sua perfetta immagine di “nuovo Adamo”. Ora noi non sappiamo come saremo, ne abbiamo alcuni indizi, ma sappiamo che saremo quanto di meglio noi aspiriamo ad essere e ancora di più. Sappiamo di essere peccatori a cui per grazia è stata attribuita la giustizia di Cristo, sappiamo che il peccato, che ci contamina e corrompe, un giorno sarà per sempre da noi eliminato. Il credente sa di avere questa straordinaria promessa. Ciò lo riempie di gioia, ed egli attende con grande aspettativa il gran giorno.
La sua attesa non è passiva: la certezza di vedere “Dio come Egli è”, responsabilizza il credente. La speranza della vita eterna cammina di pari passo con l’impegno a “procacciare la santificazione” (Ebrei 12:14). Il desiderio di essere approvato da Dio, impegna il cristiano a santificare la sua vita e a conservarla pura nell’attesa del ritorno di Gesù.
Chi ha veramente ricevuto nel suo cuore le promesse di Dio non sarà mai più lo stesso di prima! Dobbiamo purificare noi stessi (v.3b). Chi sa di ricevere presto qualcosa di nuovo e di straordinario che cambierà radicalmente la sua vita non starà più attaccato alle “cose vecchie” che ne sono in contraddizione. Il nuovo diventa molto più importante ed attraente del vecchio. La persona destinataria di queste promesse, si preparerà per quel grande giorno liberandosi il più possibile da tutto ciò che non è degno di Cristo e lasciando che Cristo determini il più possibile fin da oggi ogni suo pensiero, parola ed azione. L’apostolo Paolo dice: “purifichiamoci da ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio” (2 Corinzi 7:1b). Ecco qui la parola chiave che deve caratterizzare il periodo della nostra attesa: santificazione, cioè la tensione del proprio essere che già si conforma a quello che è destinato ad essere. Qualcuno ha detto “siate quello che siete”, siate sempre di più quello che potenzialmente ora siete e che completamente un giorno sarete.
Il modello, l’ideale, l’obiettivo a cui fin da oggi dobbiamo conformare la nostra vita è chiaro: è il Salvatore Gesù Cristo come traspare dalle pagine della Bibbia. Dobbiamo “purificarci” secondo il modello che troviamo in Cristo: “come egli è puro” (v.3c).
Dalla Bibbia apprendiamo che “in Lui non vi è peccato” (v.5b), che in Cristo non vi è violazione della legge (v.4b) di Dio, ma conformità: per questo la legge etica e morale della Bibbia, benché da sola non possa salvarci e che anzi ci condanna, deve diventare il modello di vita a cui dobbiamo tendere.
Siamo chiamati in Cristo a diventare figli adottivi di Dio e la vita del credente fin da oggi “è nascosta” in Cristo. Il credente fin da oggi è colui che “dimora” in Cristo e dimorare in Lui significa non peccare (v.6a), tenerci il più possibile lontano da tutto ciò che a Dio dispiace e che nella Bibbia ci ha rivelato. Dio ci chiama e fin da oggi ci esorta e ci dice: “...uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla di immondo” (2 Corinzi 6:17). Dobbiamo uscire dal conformismo del modo di pensare, parlare ed agire comune in questo mondo per essere sempre di più conformi a Lui.

6. Una speranza che va comunicata 1 Pietro 3:15,17
“Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni... E’ meglio che soffriate per aver fatto il bene, se tale è la volontà di Dio, che per aver fatto il male”. Durante il 3° secolo, Cipriano, futuro vescovo di Cartagine, scriveva ad un amico: “Questo mondo è malvagio, Donato, incredibilmente malvagio. Ma vi ho trovato delle persone tranquille e sante che hanno scoperto un grande segreto. Hanno trovato una gioia mille volte più grande di tutti i piaceri di una vita di peccato. Esse sono disprezzate e perseguitate, ma ciò non li scoraggia. Queste persone, Donato, sono i cristiani... e ormai ne faccio parte”.
Che il mondo di una volta sia stato malvagio non ci stupisce quando consideriamo ciò che è il mondo oggi. In quel mondo vivevano delle persone che, abbandonando i piaceri di una vita egoista e immorale, avevano trovato la loro felicità in Gesù Cristo. Essi erano perseguitati, ma sapevano che “tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Timoteo 3:12).
Questa testimonianza resa ai credenti dei primi secoli è una preziosa esortazione per noi.
Altri ancora erano prigionieri affamati e maltrattati: “Ricordatevi de’ carcerati, come se foste in carcere con loro; di quelli che sono maltrattati, ricordando che anche voi siete nel corpo” (Ebrei 13:3). Che la fede e l’esempio di questi credenti ci sproni, ci strappi dalla nostra indolenza e faccia di noi dei testimoni viventi che non si vergognano dell’evangelo di Dio!

Conclusione
La nostra speranza non è basata sulle cose di questa terra, né sull’economia, né sulla politica, né sulla scienza e né sulla filosofia degli uomini. I veri credenti non si aspettano nulla da questo mondo, perché “il mondo e la sua concupiscenza passano via, ma chi fa la volontà di Dio dura in eterno…” (Giovanni 2:17).
Con Paolo diciamo: “Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini” (1 Corinzi 15:19).
Questa speranza ci accompagna in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, in prosperità e in avversità, in vita e nella morte. “Noi non siamo contristati come quelli che non hanno speranza” (1 Tessalonicesi 4:13).
Sempre staremo fermi, “senza essere smossi dalla speranza dell’Evangelo”. Se apparteniamo al “Regno che non può essere smosso” (Ebrei 12:28), allora non saremo trasportati da “ogni vento di dottrina” ma staremo fermi sull’Evangelo e affermeremo col Salmista: “Noi non temeremo anche se la terra si dovesse spostare e se i monti fossero gettati nel mezzo del mare…” (Salmo 46:2). “Noi abbiamo posta la nostra speranza in Dio” (1 Timoteo 4:10), perciò, stiamo fermi nell’Evangelo del nostro Signor Gesù Cristo, l’Evangelo eterno.
“Benedetto sia Dio… Il quale nella sua grande misericordia, ci ha rigenerati a una viva speranza” (1 Pietro 1:13). Cristo è la speranza del mondo! Cristo è la speranza della Chiesa! Cristo è la nostra speranza!


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